Il rischio non è solo un presupposto del consenso, ma un elemento fondamentale della causa del contratto di assicurazione e dell’equilibrio delle prestazioni connesse.
Se il rischio non esiste al momento della stipula del contratto di assicurazione, lo stesso è dichiarato nullo per difetto di causa (1895 c.c.).
Se il rischio cessa nel corso della vita del contratto assicurativo, il contratto si scioglie (1896 codice civile).
Uno dei momenti più importanti, nella fase post-assuntiva di un contratto assicurativo, è quello di pianificare ed appurare che il rischio non muti nel corso del tempo. Si tratta di un lavoro molto delicato perché nonostante l’attenzione che l’intermediario, il broker o il consulente possano profondere al fine di monitorare costantemente l’evoluzione dello stesso, il codice civile impone al Contraente una serie di obblighi, che se disattesi, possono generare problemi piuttosto gravosi in sede di liquidazione di sinistri.
Vediamo nel dettaglio, quali possono essere le modifiche sostanziali nella probabilità di rischio nel tempo ovvero Diminuzione ed Aggravamento.
L’art. 1897 del codice civile, disciplina il caso in cui il rischio diminuisca, ossia che la probabilità di accadimento risulti inferiore a quanto inizialmente pattuito.
L’assicuratore in questo caso ha a disposizione due scelte: applicare per il futuro un premio inferiore oppure recedere dal contratto.
Un caso molto più complesso invece è quello disciplinato dall’art. 1898 del codice civile, ossia quando la probabilità di accadimento aumenta. In questo caso l’Assicuratore ha facoltà di recedere dal contratto, mediante una comunicazione scritta da inviare entro un mese dalla data in cui gli è stato comunicato o ha avuto conoscenza di detta variazione e in base all’effettiva portata dell’aggravamento l’effetto del recesso potrà essere anche immediato.
L’articolo disciplina inoltre il caso in cui il sinistro avvenga prima che sia o no efficace il recesso: nel caso in cui il recesso non sia efficace e l’aggravamento sia tale che se conosciuto avrebbe richiesto un premio maggiore, l’assicuratore è tenuto al pagamento del sinistro in proporzione, mentre se il rischio risultante fosse tale da renderlo non assicurabile se la condizione fosse nota sin dall’inizio, l’Assicuratore non è obbligato al risarcimento.
FOCUS : LA CLAUSOLA DI BUONA FEDE
Esiste, e viene applicata in diversi ambiti, la clausola di buona fede, che permette al Contraente di non incorrere nel rischio di veder decadere il diritto al risarcimento né tantomeno alla riduzione dello stesso. La condizione essenziale è quella che l’Assicurato non abbia agito con dolo, e le circostanze non investano caratteristiche essenziali e durevoli del rischio medesimo
CASE HISTORY #1
I titolari di un bar-pub, decidono di stipulare un contratto assicurativo a tutela dei beni inerenti la propria attività.
Come particolarità, in polizza viene palesata e contrattualizzata la presenza di un gazebo costruito con materiali combustibili,e copertura in policarbonato espanso.
La tassazione concessa dall’Impresa, teneva conto di quanto dichiarato dagli Assicurandi, e ovviamente più gravosa rispetto allo standard.
Veniva altresì accordata dall’assicuratore, la clausola di buona fede.
A causa di un corto circuito dell’insegna sovrastante la copertura del fabbricato, come da verbale redatto dai vigili del fuoco intervenuti in loco, si propaga un incendio che distrugge interamente il locale.
Sin dal primo sopralluogo effettuato dal perito incaricato dall’Impresa, è emersa una difformità – piuttosto rilevante e relativa alla copertura che non era come pattuito in policarbonato espanso, ma bensì in pvc autoestinguente, ed è stato preso atto della mancata comunicazione da parte del Contraente.
Nonostante la presenza della clausola di buona fede,purtroppo, l’aggravamento ipotizzato investiva caratteristiche durevoli ed essenziali del rischio stesso, prospettandosi quindi la concreta possibilità che il sinistro fosse respinto in toto od in parte.
Solo dopo un attento lavoro di comparazione sui materiali, e la collaborazione stretta fra i vari soggetti coinvolti a vario titolo nell’iter liquidativo (assuntore, intermediario,perito e liquidatore), è stato possibile dimostrare che il pvc autoestinguente non solo aveva una resistenza al fuoco maggiore del policarbonato espanso, ma anche una reazione al fuoco addirittura migliorativa.
Il sinistro è così stato liquidato interamente.
CASE HISTORY #2
Un artigiano decide di assicurare il fabbricato adibito a falegnameria contro il rischio di incendio.
Viene quindi dichiarata, l’attività di “trattamenti per la conservazione e ignifugazione del legno”.
L’Impresa assicuratrice prevede un premio di 10 .
In seguito però ad un incremento dell’attività, viene deciso di espandere la stessa anche l’attività di “applicazione di laminati plastici o fogli, pellicole o lastre di materia plastica”.
L’attento Contraente, informa prontamente l’intermediario, che indica allo stesso le modalità di comunicazione alla propria Impresa assicuratrice l’avvenuto mutamento.
L’impresa però decide di non voler proseguire il rapporto ed invia lettera di recesso al Contraente.
Purtroppo – durante il periodo intercorrente fra la comunicazione e l’effettiva efficacia del recesso – si verifica un sinistro.
L’aggravamento di rischio in questione, però non rientra fra quelli per cui l’Assicuratore non avrebbe prestato il consenso a fornire copertura, bensì l’avrebbe prestato con una tassazione più elevata.
In seguito agli accertamenti del perito, viene accertato il danno 5.
Ma che liquidazione può attendere l’artigiano in questa situazione?
Poniamo il caso che il premio anziché 10 dovesse essere stato 20. Il sinistro, verrà risarcito proporzionalmente secondo la seguente formula:
PREMIO STABILITO(10)/PREMIO POTENZIALE(20)xDANNO ACCERTATO(5)= DANNO LIQUIDATO 2.5
Assicur(ETICA)Mente